INTERVISTA AD ANNA PIROZZI: VERDI E PUCCINI NEL CUORE
Anna Pirozzi è una delle più importanti voci italiane di oggi, grande protagonista del repertorio verdiano e pucciniano, che può contare tra i suoi cavalli di battaglia ruoli impervi come Abigaille in “Nabucco” e Lady Macbeth, oltre che Leonora de “Il Trovatore” e Tosca. Poche settimane fa ha debuttato Turandot, sotto la direzione di Zubin Mehta, mentre in questi giorni è ritornata all’Arena di Verona, nel ruolo di Abigaille, nel nuovo allestimento firmato da Arnaud Bernard. Abbiamo avuto il grande piacere di poterla intervistare in una pausa tra lo sfrenato ritmo delle prove areniane.
Ripartiamo dal 2015, l’anno della nostra ultima intervista (qui per leggerla), in cui avevi anticipato una grande sorpresa, che è poi arrivata: Elisabetta nel “Roberto Devereux”. Ci sono altri ruoli donizettiani che ti piacerebbe affrontare?
Alcuni mi suggeriscono le altre due regine, però pur piacendomi questi due ruoli, bisognerebbe vedere se vocalmente sono adatti a me. Mi piacerebbe riprendere Elisabetta del Devereux, perché è un personaggio bellissimo e intenso. Sono rimasta piacevolmente sorpresa dal ruolo e da me stessa.
In questi anni ci sono stati altri numerosi debutti, come Aida, Lucrezia Contarini e Leonora de “Il Trovatore”….Com’è cambiata la tua Abigaille dopo questi altri cimenti verdiani?
Aida è una carezza per le corde vocali e Leonora un ruolo bellissimo. È un po’ che non canto Abigaille, quindi sarà una sorpresa anche per me, in queste recite all’Arena di Verona. Sicuramente sarà più matura, anche se sempre con la mia voce. Ho delle abilità nuove. È un ruolo che mi sento bene addosso e in cui mi sento sicura.
Negli ultimi tempi il ruolo che hai più frequentato è Lady Macbeth…
La Lady è un ruolo a cui tengo molto e che amo molto. Mi sta dando soddisfazioni e continuerò ad affrontarlo.
Come ti rapporti con questo personaggio così ambiguo sia vocalmente che interpretativamente?
È un ruolo che è molto congeniale alla mia vocalità. È un ruolo molto difficile, soprattutto a livello interpretativo: non bisogna esagerare nel fare la cattiva o la diavolessa: bisogna trovare un giusto compromesso e far arrivare al pubblico tutto quello che Giuseppe Verdi ha scritto nello spartito, ossia tutte le sfumature, i colori e le parole del testo.
In questo frangente il nodo centrale è la lettura della lettera…
Quello è un punto molto importante per costruire l’interpretazione. Nel Macbet che ho fatto a Palermo e recentemente a Torino, con la regia di Emma Dante, non ci era data la possibilità di leggerla (veniva letta da Macbeth in persona). Nell’ultimo Macbeth che ho fatto a Madrid l’ho letta ed era fantastico.
Qual è stata l’emozione e l’arricchimento di affrontare Macbeth, accanto ad un mito come Plàcido Domingo?
Sicuramente c’è un arricchimento, sia dal punto di vista scenico che interpretativo. Domingo non lascia mai nulla al caso, ogni gesto è finalizzato alla costruzione del personaggio, anche attraverso la parola e il testo. Quindi con questa esperienza ho aggiunto dei dettagli al mio personaggio.
Qual è invece la sensazione di tornare all’Arena, con lo stesso ruolo del debutto?
Mi sarebbe piaciuto andare in vacanza, ma quando vedo l’Arena mi viene subito la voglia di salire sul palco e cantare. È un luogo stupendo, e nonostante il caldo di questo giorno non vedo l’ora di essere in scena!
Ci sono dei ruoli che ti piacerebbe portare in Arena?
Mi piacerebbe fare qui Aida, e sarebbe bello che qualcuno mi proponesse di fare “Madama Butterfly”, dal momento che sto approcciando molti ruoli pucciniani nuovi. Sono reduce dal debutto in “Turandot” e sono molto felice. Avevo molti timori e molte pressioni addosso, perché alcuni mi dicevano di non farla, perché mi avrebbe rovinato la voce. In confronto ad Abigaille o Lady Macbeth è molto più facile.
Chi è la Turandot di Anna Pirozzi?
La mia Turandot è umana. Mi piace fare la gelida nella scena degli enigmi, ma nell’aria di entrata è piena di umanità, soprattutto quando ricorda la sua ava, deve essere intrisa di dolcezza, e con un canto ben sfumato. Ho curato molto questa parte. Il finale deve essere anch’esso pieno di colori: i colori di una donna che con l’amore si scioglie. È un personaggio bellissimo.
Quali sono state le fonti di ispirazione per la tua Turandot?
Ho ascoltato molto Birgit Nilsson e Ghana Dimitrova, che è sempre nel mio cuore.
E dopo Turandot ti piacerebbe vestire i panni di Liù?
No, direi di no. Le due arie di Liù sono state tra le prime che ho studiato in conservatorio, e sono bellissime, ma interpretare il ruolo intero non mi interessa. Anche se Liù è sempre il personaggio che ha più successo (ride).
Nella prossima stagione un importante debutto pucciniano sarà Minnie de “La Fanciulla del West”, che inaugurerà la nuova stagione del Teatro San Carlo di Napoli…
Sì, un ruolo bellissimo e difficile, sia dal punto di vista vocale, che di interpretazione, e che richiede una recitazione importante. Lo studierò molto e bene.
Un ruolo dei sogni che non è ancora arrivato?
Il mio sogno nel cassetto lo realizzerò finalmente l’anno prossimo: Norma a Bilbao. L’altro è Butterfly come ho già detto, e poi nel repertorio verdiano Elisabetta di Valois in “Don Carlo” e Leonora ne “La Forza del destino”.
E una bella Traviata….con la tua voce importante…
A Traviata ero quasi vicina, ma dopo ho rifiutato. Il pubblico è ormai troppo abituato a voci diverse per Traviata e quindi non ho voluto rischiare.
Prossimi impegni dopo l’Arena…
Sarò ad Edimburgo con il Teatro Regio di Torino per “Macbeth”, con la regia di Emma Dante, poi vacanze, subito dopo il debutto di “Manon Lescaut” a Liegi. Inoltre l’anno prossimo sarò Giorgetta ne “Il Tabarro” e Suor Angelica nel “Trittico” a Piacenza….
Una stagione pucciniano dunque…
Adoro Puccini, queste frasi lunghe, passionali. Ieri tra le prove di Abigaille, ripassavo Manon e il duetto del II atto è veramente fantastico.
Quali sono le difficoltà di Puccini?
C’è una difficoltà prima di tutto musicale, perché Puccini dà molte indicazioni di “ritardando”, “allargando”, “stringendo”. È una musica fatta di accensioni e di momenti più calmi. Vocalmente non è difficile, ma è l’interpretazione che deve emergere: bisogna fare tantissimi colori e diversificare questi personaggi. Se penso a Tosca e a Manon, penso al dover creare il cambiamento dal primo atto in cui c’è la giovinezza e la frivolezza ai seguenti in cui esplode la passione e la drammaticità.
Grazie ad Anna Pirozzi e In bocca al lupo!
Francesco Lodola