Un vero capolavoro sfida i secoli proprio per quella capacità di rivelare sempre nuovi particolari, dettagli, come un’indicazione dinamica, di espressione o una didascalia, che poi si rivelano illuminanti – ha raccontato il maestro Michele Mariotti, sul podio condurre Orchestra e Coro del San Carlo e un cast di fuoriclasse in Aida, in Piazza del Plebiscito, in forma di concerto, o meglio di oratorio, a giudicare dagli spartiti tenuti ben stretti. «Illuminante come l’indicazione dinamica rivelatrice di un Radames che sogna di essere il guerriero vincitore – ha proseguito Mariotti – mentre è ancora solo un giovane innamorato» E quel giovane ha avuto la voce e le fattezze di un maturo Jonas Kaufmann, sabato per la prima volta a Napoli in un ruolo operistico, ma conoscitore delle bellezze della città, di cui afferma che viva «guardando ogni giorno il Vesuvio, che ammonisce che tutto può esserci tolto in un attimo ma resta immortale» E in quale luogo al mondo i cantanti su un gigantesco palco e davanti a migliaia di persone non riescono a fare a meno di smarrire gli sguardi in un tramonto screziato dietro la cupola di una basilica che si ispira, ambiziosamente, al Pantheon? È accaduto sabato all’anteprima di Aida, che ha visto Kaufmann affascinare, nonostante un legittimo risparmiarsi per l’imminente prima, che non lo ha sottratto ad un affaticamento nel finale e Anna Pirozzi conquistare il “suo” pubblico, per anni costretto ad accontentarsi di incerte Aide di importazione. Perché? Ha bene impressionato, confermando le aspettative, Anita Rachvelishvili, idolo scaligero che da oggi conta più di un estimatore anche all’ombra del Vesuvio: colore brunito e (fin troppa) ampiezza nel grave della sua Amneris. Conferme anche, ed ennesime, per il solido baritono Claudio Sgura, indomito e paterno nel ruolo di Amonasro. Riesce a lasciare il segno la Sacerdotessa di Selene Zanetti e all’altezza si rivelano Roberto Tagliavini (Ramfis), Fabrizio Beggi (Il Re d’Egitto) e Gianluca Floris (Il Messaggero). Il Trionfo vive di ottoni scintillanti, ma trionfanti per la riapertura sembrano l’Orchestra del San Carlo, cui però il distanziamento gioca qualche tiro mancino, e il Coro, preparato da Gea Garatti Ansini. Grande braccio di Mariotti, che, incurante di rumori ambientali (se l’opera va alla città ci sta che la movida restituisca un po’ di caotici suoni) ricerca dinamiche e fraseggi raffinati per un Verdi che celebri non solo il Canale di Suez, ma, con i loro chiaroscuri, anche quello dei sentimenti universali che si nutrono di sogni. «Senza musica la vita viene privata dei sogni: sarà per questo che Napoli, che del sogno ha fatto un’autentica risorsa, è un luogo magico così ricco di armonia di suoni» Sarà per celebrare questa unicità che Verdi, proprio «nelle ore d’ozio» durante la produzione di Aida al San Carlo, tra il 1872 e il 1873, compose il suo unico Quartetto d’archi? «Pare impossibile! Quando si tratta di questo povero Teatro di Napoli, nissuno se ne cura…Eppure questo potrebbe divenire ancora un gran Teatro; ché questo paese ha ancora elementi orchestrali ben migliori di molto di quelli di Milano» Così scriveva Verdi a Giulio Ricordi nel 1872, mentre provava Aida a San Carlo: parole di auspicio per un’ennesima ripartenza.
26 luglio 2020,
Dario Ascoli
L’articolo originale è disponibile qui: Aida: Kaufmann affascina, Pirozzi conquista.