Dopo svariati giorni di polemiche – nella quasi totalità pretestuose e provenienti dai “soliti” ambienti – sul “povero Verdi” ridotto a icona queer e sul Ballo in maschera “originale”, con le sue implicazioni di genere, il Festival Verdi 2021 si è alla fine inaugurato con molti applausi e qualche dissenso sparuto verso gli autori dell’allestimento scenico e l’usuale geremiade di una loggionista vetusta e prontamente zittita con un perentorio “gallina” da uno spettatore assurto ad eroe della serata.

L’idea di “contaminare” la versione musicale definitiva del Ballo in maschera – qui nell’edizione critica di Ilaria Narici per The University of  Chicago Press e Casa Ricordi – con il libretto di ambientazione svedese caduto sotto la scure della Censura Pontificia era venuta a Philip Gosset, che derogando per una volta al rigore filologico la propose definendola “un gioco”.
A Parma tornano dunque la Svezia e il regicidio di Gustavo III, omosessuale ma soprattutto sperimentatore di vie nuove nella politica e nell’amministrazione dello stato – sotto il suo regno furono abolite la tortura e la pena di morte – in un’ottica di stravolgimento in senso libertario dell’ordine costituito.

La mano spietata del Covid non ha permesso a Graham Vick di mettere in scena suo Ballo e a Jacopo Spirei, è toccato il compito – partendo dagli appunti lasciati dal regista inglese – di portare a termine l’operazione, cosa che fa con rispetto ma anche con personalità; tuttavia rimane una sensazione di irrisolutezza, come se qualcosa venisse inevitabilmente a mancare.
La natura di Gustavo resta sullo sfondo, in filigrana, mentre intorno a lui nello spazio scenico – immaginato da Richard Hudson  che firma anche i bei costumi – ridotto ad una scarna esedra in cui campeggia il sempre presente monumento funebre del monarca si muove una corte gender fluid che i movimenti corografici di Virginia Spallarossa rendono castamente trasgressiva grazie anche alla bravura dei danzatori-mimi.
La narrazione è articolata in un lungo flash-back, partendo dal funerale del re e lì ritornando, ma a tratti la “circolarità” tende a mordersi la coda ripetendo le medesime situazioni; cosicché se l’antro di Ulrica è luogo deputato ad incontri tra uomini di varie estrazioni, lo stesso accade con poche varianti nell’”orrido campo”.

Assai ben risolta invece la scena del ballo mascherato finale che diventa un freak-show di bell’impatto drammaturgico.

Se la parte visiva convince a metà l’esecuzione musicale mette tutti d’accordo.
Roberto Abbado, al suo debutto nel titolo, offre del Ballo una lettura tesa, solidamente poggiata su un’incastellatura dinamica guizzante, ripulita da qualsiasi piaggeria dolciastra, autenticamente drammatica nelle scelte agogiche oltre che perfettamente connaturata al canto.

La Filarmonica Arturo Toscanini lo asseconda convintamente, così come il Coro – che la regia vuole immobile in una sorta di loggione speculare – istruito da Martino Faggiani si rende protagonista di una prova impeccabile.

Piero Pretti si conferma ancora una volta interprete di prim’ordine; il suo Gustavo si va tessendo su una linea di canto cristallina sulla quale si incardina un fraseggio intimamente concepito.

Perfettamente disegnata l’Amelia di Anna Pirozzi – forse la più bella tra le voci di soprano italiane oggi in carriera – che padroneggia mezzi imponenti plasmandoli duttilmente in una fantasmagoria di colori.

Amartuvshin Enkhbat risolve perfettamente il suo Conte Anckastrom mostrando di aver pienamente compreso il dettato verdiano al quale si affida totalmente. La voce, bellissima, corre sicura e la ricerca di accenti è costante.

Ad Anna Maria Chiuri va il merito di aver disegnato un’Ulrica dal fraseggiare perentorio e finalmente libera dai vizi della “tradizione”.

Brava Giuliana Gianfaldoni, Oscar giustamente ambiguo, come protagonisti di prove ben più che positive Fabrizio Beggi – Ribbing luciferino –, Carlo Cigni – Dehorn – e Fabio Previati  nei panni di un convincente Cristiano.

Completano il cast i corretti Cristiano Olivieri come Ministro di Giustizia e Federico Veltri in veste di Servo di Amelia.

Dell’esito della serata si è già detto.


Alessandro Cammarano
24 settembre 2021
Articolo originale: LE SALON MUSICAL – Parma: nel Ballo in maschera “svedese” trionfa il gender fluid

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